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COP24: alte le aspettative, più deboli le speranze …

COP24
Al via la Conferenza sul Clima COP24 dell’UNFCCC, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici

Anno 2018: si apre a Katowice, in Polonia, la 24esima Conferenza delle Parti dell’UNFCCC, la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (United Nations Framework Convention on Climate Change, UNFCCC) che terminerà il 14 dicembre. Quest’anno sede dell’incontro è la miniera della regione della Slesia a Chorzow, chiusa nel 1999 dopo 176 anni di attività.

Correva l’anno 1995, quando la neonata conferenza muoveva i primi passi: era la COP1 di Berlino (Germania) del 28 marzo (che terminò il 7 aprile). Allora, come oggi, si espressero timori sull’adeguatezza delle azioni degli Stati ad adempiere agli obblighi della Convenzione. 

Timori che trovarono espressione nel «Mandato di Berlino», che stabiliva una fase di analisi e ricerca (Analytical and Assessment Phase, AAP) di due anni, per negoziare un «insieme completo di azioni» affinché ogni Stato potesse scegliere le più congeniali da un punto di vista economico e ambientale.

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, i capi di governi e ministri responsabili per le questioni ambientali e climatiche prendono posto sul palcoscenico della COP24.

Il panorama è variegato: esperti, decisori, delegati, attivisti e artisti provenienti da tutto il mondo sbandierano slogan il cui messaggio unanime rimane ancora questo: “non è troppo tardi ma dobbiamo agire”.

Che è ora di cambiare passo nella lotta al cambiamento climatico, si sostiene da tanto. Il nodo cruciale di questa COP24 è quello irrinunciabile di elaborare e adottare un pacchetto di decisioni che garantiscano la piena attuazione dell’accordo di Parigi, ratificato nel 2015, il cosiddetto «Paris Rulebook».

E il nostro pianeta, se avesse voce per esprimersi, che direbbe? Fari puntati su di lui, per due settimane, e poi?

Poi basta guardare gli effetti del cambiamento climatico, che si sono fatti sentire anche nel 2018 con incendi boschivi, tifoni, uragani e inondazioni che hanno colpito un enorme numero di persone in tutto il mondo. Guardando all’agricoltura, solo in Polonia, quest’anno sono state 135.000 le fattorie che hanno sofferto una siccità prolungata, colpendo 3,5 milioni di ettari di terra coltivabile.

Non è forse da troppo che ci aspettiamo una risposta politica chiara e forte dei governi al messaggio di urgenza e speranza da parte di chi si impegna per davvero nella sostenibilità e da tempo è consapevole dei danni che a breve subiremmo, se non cambiamo rotta? Come tradurre in realtà la promessa di Parigi?

Agire, come?

Serve accelerare la decarbonizzazione dell’economia europea, il che significa anche creare nuove opportunità per l’occupazione e la competitività delle imprese. Serve contenere il surriscaldamento del pianeta entro la soglia critica di 1.5 °C. In realtà, servono impegni di riduzione delle emissioni molto più ambiziosi di quelli sottoscritti a Parigi in modo da poter raggiungere zero emissioni nette entro il 2050 a livello globale.

Le parole chiave sono volontà, responsabilità e fattività. Interventi, politiche economiche, sociali e culturali che puntino a ricominciare da oggi, anno zero.

Serve fare retromarcia su tutte le politiche industriali. Serve realizzare prodotti, servizi e avviare attività secondo valori sostenibili. Serve eliminare i combustibili fossili e usare fonti energetiche con basse emissioni di CO2. Serve sviluppare nuovi metodi di gestione del suolo, con un minor impatto ambientale. 

Serve migliorare le attuali pratiche agricole, smettendo di avvelenarci di pesticidi e sostanze chimiche, fermare la deforestazione e piantare nuovi alberi per far crescere nuove foreste in più punti del pianeta.

Il rischio è che il pianeta terra diventi un «pianeta serra», ossia un luogo inabitabile. E questo non è uno scenario irreale, e neanche, purtroppo, lontano. Allora anche noi alziamo il nostro slogan: le promesse di Parigi devono trovare attuazione. Altrimenti la COP24 sarà un fallimento, e un’ulteriore condanna per il nostro Pianeta.