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Il Parlamento Europeo e l’innovazione e ricerca: una strada in salita

L’High-level Conference, «EU Research and Innovation in our daily life», tenutasi a Brussels il 27 novembre, è stata l’occasione per un confronto su temi quali innovazione e ricerca: l’Europa, dietro l’Asia, arranca e cerca di tornare in carreggiata

Nel discorso di apertura dell’High-level Conference, «EU Research and Innovation in our daily life» (Brussels, 27 novembre) Antonio TajaniPresidente del Parlamento Europeo, ha citato alcune delle grandi personalità che hanno segnato la nostra storia, da Ulisse a Dante Alighieri, da Socrate a Platone e ancora, Archimede, Galileo Galilei, Cartesio e Enrico Fermi, una introduzione che ha «volato alto» cui è seguito l’impatto con la realtà.

Tajani ha infatti ricordato che dagli Anni ‘80 ad oggi l’UE ha investito nell’innovazione oltre 200 miliardi di euro. Il programma Horizon 2020 ha contribuito a importanti scoperte scientifiche in campi diversificati, dalla medicina alla farmaceutica, dalle nanotecnologie alla sicurezza alimentare, dall’intelligenza artificiale alla sicurezza dei network di rete e molti altri ancora.

“L’innovazione e la ricerca sono un valore”, sono i cardini per la libertà, ha giustamente puntualizzato il Presidente, e bisogna quindi creare lavoro al passo coi grandi cambiamenti in corso, puntare sull’innovazione e avvicinare le istituzioni ai cittadini.

Una «never ended story» che da troppo tempo sentiamo e che da troppo tempo si scontra con l’attuale, cruda realtà.

L’Europa, intesa sia come Continente che come Unione, non è un’isola né è isolata o protetta (al contrario degli Stati Uniti di Trump) e subisce quindi la concorrenza in primis della Cina, che oggi ha assunto il ruolo di guida verso le nuove tecnologie, seguita in questo dal Giappone, dalla Corea del Sud e dall’India.

L’Asia, insomma, ha superato – e di gran lunga – il nostro continente ed è diventata il numero uno in tema di ricerca e sviluppo.

Preso atto di questa non digeribile realtà, che fare se non avere le idee chiare ed investire di più?

Per rispondere a tale pragmatico quesito la Commissione ha ambiziosamente proposto il 14 novembre di aumentare le risorse da 80 a 120 miliardi di euro e, a parte questo, Tajani ha anche sottolineato la necessità di

  • Puntare a un ritorno alla politica. Il bilancio non è solo numeri, ma una scelta politica”.
  • “Senza innovazione non si garantiscono i nostri cittadini”.
  • “Per sostenere l’economia reale, bisogna puntare su economia circolare”.

È certo che la questione ambientale è politica, così come lo è un’economia meno inquinante ed è ormai altrettanto chiaro a tutti che la Green Economy è uno strumento di ricchezza; peccato «solo» che il panel dedicato alla sostenibilità ambientale si sia rivelato un «dejà vu» e si sia quindi svolto su temi, problematiche, piani e sfide stancamente noti per di più trattati con toni grigi e tutt’altro che entusiasti o partecipi; roba da burocrati, insomma… e argomenti triti e ritriti, con proposte di soluzione non solo insufficienti ma anche disallineate rispetto alla portata del valore e dei rischi che, ormai è chiaro, corriamo tanto noi quanto le generazioni future.

Ma torniamo da dove abbiamo iniziato ovvero che insegnamento abbiamo tratto da questi 3.000 anni di storia?

Il punto, è, e lo ammette Antonio Tajani, che «a volte» dice lui – espressione qui parecchio edulcorata – “mancano i laboratori, gli stipendi sono bassi e i talenti abbandonano le università”.

E se è oramai chiaro tanto che non ci possiamo permettere, come Europa, di perdere queste risorse quanto che serve un’inversione di tendenza, cosa fare per trattenere i giovani talenti in Europa? Cosa possiamo fare per consentire loro di realizzarsi e realizzare i loro sogni nel loro continente e, domanda parimenti importante, cosa dobbiamo fare per non rinunciare al sogno europeo di libertà?

Abbiamo direttamente chiesto al Presidente Tajani, come avvicinare le istituzioni ai cittadini? Ai quei cittadini che non si sono potuti permettere il biglietto per venire a Bruxelles oggi, e presenziare a questo panel che è, a loro dire, uno degli strumenti di questo avvicinamento?

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La risposta da protocollo non è sembrata poggiare – una volta di più – su un piano di azione mirato, concreto, integrato, basato su attività, programmi e scadenze specifici.

Certamente i social sono importanti, ma chi lo spiega alle mie zie, in Sicilia, che debbono scaricarsi un app che ha un uccellino come icona?

E supposto che riuscissero a farlo, questo basterebbe comunque a farle sentire parte dell’esperienza europea?

Forse allora riprenderei la stessa frase di Dante Alighieri citata dal Presidente del Parlamento Europeo, per rilanciarla, come cittadina europea, alle istituzioni: «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e conoscenza».

E allora, non abbrutiteci, fornitela questa conoscenza ai cittadini, trasmettetela, create reti e spazi e civici, tecnologici e fruibili e ponti tra l’uno e l’altro, ambienti che possano sollecitare e rispondere alla curiosità della gente, fisici e non dove potere sviluppare le proprie qualità e competenze e poter fruttuosamente applicare le proprie risorse umane e professionali; date a questi cittadini la possibilità ed i mezzi per poter concretamente elaborare, scambiare, rispondere non solo ai sogni ma anche alle esigenze delle persone.

Chiediamo troppo?

Forse fa bene Elon Musk a progettare la colonizzazione su Marte?

Forse su Marte non bisognerà auspicare a un avvicinamento tra le Istituzioni e i cittadini, ma si partirà da una naturale base di uguaglianza e di scambio, forse lassù sarà effettivamente possibile ripartire da zero, constatare che politica e burocrazia da una parte e società civile dall’altra, possono non essere compartimenti stagni come accade sulla terra.

Forse, a milioni di chilometri da questo mondo profondamente minato in tutti i sensi si potrebbe dar corpo all’utopica speranza di lavorare tutti, istituzioni e cittadini, nella stessa direzione, con passione, concretezza e univoca visione del futuro, solo modo di procedere anche su questa terra, pena l’impossibilità di darci un mondo migliore.

Forse.